Investimenti negli Stati Uniti – parte IV
Piero Salussolia P.A.
Come abbiamo avuto modo di vedere nelle prime tre parti di quest’articolo dedicato allo studio delle forme d’investimento immobiliare negli Stati Uniti (“USA”), le scelte a disposizione dell’investitore sono varie e vanno prese secondo il caso di specie.
Questa quarta parte dell’articolo sarà dedicata agli investimenti effettuati attraverso una persona giuridica straniera e le conseguenze che ne derivano in termini d’imposte sul reddito, sulle plusvalenze e sulla successione.
Quando l’investimento è fatto attraverso una persona giuridica estera, in linea di principio, si adotta una delle seguenti tre strutture:
- Società estera trasparente (pass- through Entity);
- Società di capitali estera;
- Struttura Tandem:
- Società estera di capitale – società locale di capitale;
- Società estera di capitale – società locale trasparente;
- Società estera trasparente – società locale di capitale;
- Società estera trasparente – società locale trasparente.
Le plusvalenze e i redditi generati da società estere trasparenti sono soggetti allo stesso regime applicato alle società locali trasparenti, pertanto, allo stesso regime fiscale imposto alle persone fisiche. Considerato ciò, l’aliquota massima applicabile alle plusvalenze generate da una società estera trasparente è del 20%, laddove, l’aliquota massima di cui all’imposta sul reddito è pari 39.6%, come per le persone fisiche e da relativa tabella che segue.
Tabella 1 / Chart 1
plusvalenza / taxable income | aliquota / tax rate |
---|---|
$18.550 o meno / or less | 10% |
$18.551 – $75.300 | 15% |
$75.301 – $151.900 | 25% |
$151.901 – $231.450 | 28% |
$231.451 – $413.350 | 33% |
$413.351 – $466.950 | 35% |
$466.951 e oltre / and over | 39.6% |
Come abbiamo visto nella terza parte di quest’articolo, la Florida non prevede alcuna imposta statale sul reddito e sulle plusvalenze generate dalle persone fisiche, pertanto, la società estera trasparente non è soggetta ad alcuna imposta statale.
In linea di principio le società estere trasparenti non sono soggette all’imposta di successione, ciò nonostante, la normativa di riferimento non è molto chiara. Ad ogni modo, se la società estera trasparente è considerata come tale le relative azioni e/o partecipazioni non dovrebbero essere soggette ad alcuna tassa di successione. Si fa presente, però, che nell’ipotesi in cui i soci figurino con capacità direttive nella struttura societaria estera, l’Internal Revenue Service (”IRS”) potrebbe assumere la posizione secondo cui essendo i soci gestori diretti dei beni, conseguentemente, sono anche gli effettivi proprietari degli stessi. Al fine di evitare la descritta ipotesi si può costituire una struttura Tandem da combinare con una società trasparente statunitense.
Le società di capitali straniere subiscono lo stesso regime fiscale applicato alle Corporations statunitensi, regime che abbiamo approfondito nella terza parte di quest’articolo. Con riferimento alle imposte sui redditi si applicano le aliquote di cui alla tabella che segue.
Tabella 2 / Chart 2
reddito netto / taxable income | aliquota / tax rate |
---|---|
$50.000 o meno / or less | 15% |
$50.001 – $75.000 | $7.500 + 25% dell’ammontare oltre i / on amount over $50.000 |
$75.001 – $100.000 | $13.750 + 34% dell’ammontare oltre i / on amount over $75.000 |
$100.001 – $335.000 | $22.250 + 39% dell’ammontare oltre i / on amount over $100.000 |
$10.000.000 – $15.000.000 | $3.400.000 + 35% dell’ammontare oltre i / on amount over $10.000.000 |
$15.000.000 – $18.333.333 | $5.150.000 + 38% dell’ammontare oltre i / on amount over $15.000.000 |
$18.333.333 e oltre / and over | 35% |
Inoltre, le società di capitali estere sono soggette al pagamento di una tassa aggiuntiva basata sui mancati reinvestimenti negli USA o comunque la riduzione degli stessi, la c.d. Branch Profit Tax. Tale imposta si può equiparare al pagamento della ritenuta sui dividendi distribuiti da una filiale/succursale virtuale statunitense alla società estera, fatta salva la presenza di un trattato internazionale che dispone diversamente, l’aliquota a cui è imposta la Branch Profit Tax è del 30%. Le società di capitali straniere con riferimento alle plusvalenze sono soggette allo stesso regime impositivo previsto per i redditi, pertanto, a un’aliquota massima del 35%. D’altra parte, uno straniero che, tramite una società di capitali estera, possiede delle proprietà negli USA non è soggetto all’imposta di successione poiché le sue azioni non fanno parte dei beni oggetto di quest’imposta.
Gli stranieri che investono in immobili negli USA, che sono sempre più numerosi, al fine di evitare l’imposta di successione e, allo stesso tempo, contenere l’aliquota di cui all’imposta sulle plusvalenze, potrebbero adottare una struttura che prende il nome di Tandem. Detta struttura prevede che una società estera sia proprietaria di una società statunitense la quale, a sua volta, è detentrice di proprietà che insistono sul territorio degli USA. Il Tandem può essere strutturato secondo una delle seguenti combinazioni:
- Società estera di capitale – società locale di capitale;
- Società estera di capitale – società locale trasparente;
- Società estera trasparente – società locale di capitale;
- Società estera trasparente – società locale trasparente.
Le prime tre combinazioni sono soggette, con riferimento al reddito e alle plusvalenze, allo stesso regime di cui alle società di capitali; sono però combinazioni che consentono di evitare il pagamento dell’imposta di successione e la Branch Profit Tax. La struttura Tandem composta da una società estera trasparente e una società locale trasparente rappresenta, sotto il punto di vista fiscale, una delle opzioni maggiormente favorevoli per gli investitori. L’aliquota dell’imposta sulle plusvalenze, se il beneficiario finale è una persona fisica, è pari a un massimo del 20%, inoltre, tale combinazione non è soggetta a imposte di successione o tasse statali in Florida.
All’interno della struttura Tandem, la scelta per la società trasparente locale, grazie alla semplicità della sua costituzione e del suo mantenimento, ricade spesso sulla società a responsabilità limitata, Limited Liability Company (LLC); è altresì possibile utilizzare una società in nome collettivo (General Partnership) ma, a causa della prevista responsabilità solidale dei soci, questa scelta non viene quasi mai adottata. Un’altra forma di società trasparente è la società in accomandita (Limited Partnership) all’interno della quale alla limitata responsabilità dei soci – che rispondono delle obbligazioni sociali, limitatamente alla quota dagli stessi conferita – corrisponde una responsabilità illimitata del socio amministratore, il quale, pertanto, è preferibile che sia una persona giuridica. Quanto appena detto produce un aggravio delle spese di costituzione e mantenimento della struttura.
Dall’altro lato, la scelta della società estera trasparente di giurisdizione offshore – a causa dell’assenza d’imposte fiscali e dell’anonimato di cui gode il titolare della società stabilita in una di tali giurisdizioni – sta divenendo una tra le scelte preferite. Nell’ambito delle giurisdizioni offshore, tra le altre, abbiamo quella di Panama, delle Isole Vergini Britanniche, delle Isole Cayman, quella di Anguilla e quella di Nevis Island. Anche nelle giurisdizioni offshore si incontrano vari tipi di società trasparenti, tra cui le: LLC, società in nome collettivo (General Partnership), società in accomandita (Limited Partnership), con caratteristiche molto simili a quelle appena discusse, nonché, le Fondazioni private e i Trust i quali, a loro volta, possono essere revocabili o irrevocabili.
Le Fondazioni private sono delle entità giuridiche, revocabili o irrevocabili, che nascono dalla donazione di un patrimonio per uno scopo predeterminato che dovrà essere indicata nell’atto di fondazione. L’atto di fondazione dovrà essere redatto in conformità alle necessità specifiche di ciascun investitore e in maniera tale che la fondazione non possa essere considerata una società di capitali dall’IRS. Al pari delle società, la Fondazione privata ha propria personalità giuridica, pertanto, il patrimonio che confluisce nella stessa costituisce, sotto.
ogni aspetto legale, un patrimonio separato da quello personale del fondatore, persona fisica e beneficiario finale. Per esempio, una delle attrattive delle fondazioni panamensi è che sono esenti dal pagamento d’imposte, tasse e contributi, fatta eccezione per la tassa governativa annuale; inoltre, non hanno l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi e/o i bilanci, d’altro canto, pero’, le fondazioni non possono concludere transazioni.
Il Trust è un soggetto dotato di personalità giuridica nell’ambito del quale il Trustor conferisce i proprio beni al Trust che, attraverso un Trustee, li amministra o li investe, in favore di uno o più beneficiari. Al pari delle Fondazioni i Trust possono essere revocabili o irrevocabili, i beni conferiti allo stesso non possono essere aggrediti da eventuali creditori. Il Trust rappresenta la miglior soluzione per chi ritiene di preservare il proprio patrimonio dalle incertezze – siano esse politiche, economiche o familiari – e trasferirlo agli eredi in un modo fiscalmente efficiente. Tramite il Trust è possibile trasferire la propria eredità secondo i propri desideri nel rispetto delle disposizioni legislative del Paese di appartenenza.
Come abbiamo avuto modo di vedere nel corso di questo articolo le opzioni possibili per investire negli USA sono varie, perché si possa arrivare a determina la miglior scelta è necessario studiare, sotto un punto di vista fiscale e giuridico, le necessità e gli obiettivi di ciascun investitore, pertanto, è necessario avere sempre un’adeguata consulenza professionale.
Il presente articolo contiene informazioni di carattere generale e non sostituisce in alcun modo l’assistenza di un avvocato. Vi suggeriamo di rivolgervi a un professionista per ulteriori informazioni e assistenza. L’assunzione di un avvocato è una decisione importante che non dovrebbe basarsi esclusivamente su informazioni pubblicitarie. Prima di decidere, chiedeteci di inoltrarvi informazioni scritte a titolo gratuito in relazione alle nostre qualifiche ed esperienza. La società Piero Salussolia P.A., fondata nel 1994 da Piero Salussolia, fornisce un’assistenza specializzata e personalizzata a una clientela internazionale in Diritto Tributario Internazionale e Nazionale e Pianificazione Patrimoniale, Diritto Societario e Immobiliare, Proprietà Intellettuale, Diritto Commerciale e Contrattuale, Diritto Marittimo e Diritto d’Immigrazione. Nato ad Alice Castello, Italia, Piero Salussolia esercita la professione forense negli Stati Uniti ed è un membro dell’Ordine degli Avvocati della Florida dal 1985 e della California dal 1984. Piero Salussolia è stato un membro della sezione di Diritto Internazionale e della Sezione Tributaria della Florida (dove ha ricoperto la carica di Vicepresidente del Comitato Fiscale Estero dal 1989 al 1992). Piero Salussolia è stato socio fondatore della Camera di Commercio italo-americana South East Chapter, dove ha ricoperto la carica di Vicepresidente esecutivo. Piero Salussolia ha conseguito la laurea in Scienze Politiche presso l’Università Degli Studi di Torino, un Master in Scienze Politiche presso la San Francisco State University, una laurea in Giurisprudenza presso la University of San Francisco ed un Master in Diritto Tributario presso la New York University. L’Avvocato Salussolia ha iniziato la sua carriera presso un prestigioso studio legale di Miami; successivamente è entrato nella sede locale di uno studio legale internazionale di fama mondiale, di cui è diventato socio internazionale concentrandosi sul Diritto Tributario Internazionale. Per i servizi resi alla comunità italiana, è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. Piero Salussolia parla correntemente italiano, spagnolo, francese e inglese.
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Founded in 1994 by Piero Salussolia, Piero Salussolia P.A. provides specialized, dedicated service to an international clientele on International and Domestic Tax and Estate Planning, Real Estate and Corporate Law, Intellectual Property, Commercial and Civil Law.
Born in Alice Castello, Italy, Piero Salussolia has been practicing law in the United States and is a member of the Florida since 1985 and California Bars since 1984. Piero Salussolia was a member of the Florida Tax Section (where he served as Vice Chairman of the Foreign Tax Committee from 1989 to 1992) and the Florida International Law Section. Piero Salussolia was a founder of the Italy-American Chamber of Commerce, South East Chapter, where he served as Executive Vice President. Piero Salussolia graduated from the Universitá Degli Studi, Turin, Italy, with a doctorate degree in Political Science. He received his Master’s degree in Political Science from San Francisco State University, his Juris Doctor from the University of San Francisco and his Master in Taxation from New York University. He started his legal career with a prominent Miami law firm and subsequently joined the local office of a leading worldwide firm where he became an international partner concentrating in International Tax Law. For his services to the Italian community, Piero Salussolia has been knighted by the Italian Republic. Piero Salussolia is fluent in Italian, Spanish and French.
Partner dell’evento-seminario di Torino presso
Centro Congressi Unione Industriale Torino SpA
LA PROSPETTIVA FISCALE ITALIANA PARTE IV
Dott. Niccolò Poggio
Imposta di successione in Italia
Secondo un Comunicato stampa del Consiglio Nazionale del Notariato, le successioni qualificabili come internazionali sono circa 450 mila all’anno. Il valore di dette successioni, sempre secondo il Comunicato in esame, sarebbe superiore a 125 miliardi di euro. Inoltre 2 milioni e mezzo di beni immobili, a livello di Unione Europea, sono nella titolarità di persone residenti in Stati diversi rispetto allo Stato ove gli immobili sono localizzati. Il valore dei beni immobili localizzati all’estero, ma di proprietà di soggetti residenti in Italia, ammonterebbe a 50 miliardi di euro (fonte: Il Sole 24 Ore).
Si comprende allora come il tema relativo alle imposte applicabili in ragione di una successione mortis causa internazionale sia molto sentito, anche in ragione del fatto che la normativa dell’Unione Europea non prevede disposizioni tali da comporre gli eventuali contrasti alle pretese fiscali degli Stati membri, né prevede disposizioni volte a prevenire fenomeni di doppia imposizione.
In questo senso, infatti, già la Corte di Giustizia, con la Sentenza del 12 febbraio 2009, nella causa C-67/08, affermava che gli Stati membri conservano la propria autonoma e distinta potestà tributaria nell’ambito dell’imposta sulle successioni.
Ne consegue che non è invocabile alcuna violazione della libertà di circolazione dei capitali, laddove non sia ammessa l’imputazione dell’imposta assolta dagli eredi del de cuius in uno Stato, dal prelievo complessivamente dovuto nello Stato nel quale il de cuius aveva l’ultima residenza. Si deve però considerare che, in tempi relativamente più recenti, la Commissione Europea, con la Raccomandazione 2011/856/EU del 15 dicembre 2011, ha ribadito che gli Stati sono liberi di applicare le norme nazionali in materia di successione, ma queste non devono entrare in contrasto con il principio di libera circolazione e con il divieto di discriminazione.
L’imposta sulle successioni [e donazioni] è stata reintrodotta nell’ordinamento italiano ad opera del Decreto Legge n. 262 del 3 ottobre 2006, convertito con Legge n. 286 del 24 novembre 2006, indi modificata in occasione dell’emanazione della Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (i.e. la Legge Finanziaria per il 2007).
In Italia l’imposta di successione attualmente in vigore prevede le aliquote di imposizione e le franchigie cosi come riportate nella seguente tabella:
Aliquota | Grado di parentela | Franchigia |
---|---|---|
4% | coniuge e figli | € 1.000.0000 per ogni erede |
6% | fratelli e sorelle | € 100.000 per ogni erede |
6% | parenti fino al quarto grado | senza franchigia |
8% | altri soggetti | senza franchigia |
La circolare dell’Agenzia delle Entrate, 3/E del 22 gennaio 2008, ha chiarito che, ai fini dell’applicazione della franchigia si deve tener conto del valore delle donazioni in vita fatte dal de cuius a favore del medesimo erede. La normativa italiana prevede che dall’imposta di successione si detraggono le imposte pagate ad uno Stato estero in dipendenza della stessa successione. Pertanto nel caso in cui un residente italiano sia tenuto al versamento dell’imposta di successione e nell’asse ereditario sia presente un bene immobile ubicato in un Paese estero il quale bene immobile ha scontato un’imposizione nello Stato estero a titolo di imposta della medesima successione, tale imposta potrà essere detratta in Italia fino a concorrenza della parte d’imposta italiana di successione dovuta, in misura proporzionale al valore dei beni stessi.
In tema di ambito territoriale dell’imposta di successione, vengono tassati in Italia tutti i beni trasferiti compresi quelli situati all’estero qualora il de cuius sia residente in Italia, non viene presa in considerazione la residenza del beneficiario. Determinata la base imponibile e verificata l’esistenza di un margine di imponibilità sul valore eccedente le eventuali franchigie, i problemi di doppia imposizione potranno essere risolti o sulla base dell’art. 26 del T.U., ovvero sulla base delle apposite Convenzioni internazionali stipulate dalla Repubblica Italiana per evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sulle successioni e donazioni.
Le Convenzioni contro le doppie imposizioni in materia di imposte sulle successioni, attualmente in vigore, sono state concluse con i seguenti Stati:
- Danimarca (Convenzione del 10 marzo 1966 approvata con L. 18 marzo 1968, n. 649);
- Francia (Convenzione del 20 dicembre 1990, approvata con L. 14 dicembre 1994, n. 708);
- Regno Unito (Convenzione del 15 febbraio 1966, approvata con L. 9 agosto 1967, n. 793);
- Grecia (Convenzione 13 febbraio 1964, approvata con L. 18 marzo 1968, n. 524);
- Israele (Convenzione 22 aprile 1968, approvata con L. 12 aprile 1973, n. 201);
- Stati Uniti d’America (Convenzione 30 marzo 195,5 approvata con L. 19 luglio 1956, n. 943);
- Svezia (Convenzione 20 dicembre 1956, approvata con L. 13 marzo 1958, n. 280).
È necessario verificare quanto disposto dalla singola convenzione, poiché alcune (i.e. Regno Unito, Stati Uniti d’America e Francia) dopo aver previsto che i beni sono imponibili nello Stato in cui sono situati, dispongono comunque il loro inserimento nella dichiarazione di successione presentata nello Stato di residenza del de cuius. La Convenzione contro le doppie imposizioni in materia di successioni e donazioni stipulata tra Italia e Stati Uniti (L. 19 luglio 1956, n.943) prevede la detraibilità delle imposte pagate nell’altro paese attraverso il meccanismo del credito di imposta.
Gli investitori italiani che optano di divenire titolari di immobili USA come persone fisiche potrebbero essere soggetti alle imposte sulla successione se, al momento del decesso, sono titolari di immobili USA. Se l’investitore italiano intende, in data futura, regalare a terzi, ad esempio a familiari, ecc., le quote di partecipazione di cui è proprietario in una società USA titolare di immobili USA, il dono di tali azioni non sarà soggetto alle imposte USA sulle donazioni. Se invece l’immobile viene regalato direttamente, scattano le imposte USA sulle donazioni. Quindi, la tassa sulle donazioni USA può essere evitata trasferendo le quote di partecipazione nella società di capitali USA prima del decesso dell’investitore italiano.
Le imposte sulle successioni possono risultare alquanto elevate, ma possono essere evitate se l’investitore italiano, come persona fisica, è titolare di una società di capitali NON USA che, a sua volta, è titolare di immobili USA. In questo caso il decesso della persona fisica che è titolare indiretta degli immobili USA non fa scattare le imposte di successione perché gli eredi o beneficiari ricevono soltanto le quote di partecipazione nella società di capitali, non ricevono alcuna quota di partecipazione diretta negli immobili USA. Questo assetto è più complesso, ma nelle mani di persone competenti offre un numero maggiore di possibilità di pianificazione fiscale.
Le imposte di successione USA possono essere evitate se gli immobili USA sono intestati ad una società di capitali straniera di cui è titolare l’investitore straniero.
Per gli investimenti di importo elevato nel settore immobiliare USA è tipico costituire una società di capitali straniera che diventa titolare al 100% di una società di capitali USA a cui vengono intestati gli immobili USA acquisiti. Per esempio, se l’investitore straniero costituisce una società di capitali straniera che diventa titolare al 100% di una società di capitali USA che, a sua volta, è titolare di immobili USA, l’investitore straniero può evitare completamente le tasse USA sulla successione dato che in caso di decesso non viene trasferito nulla negli USA. La struttura più complessa, ovvero la costituzione di una società di capitali straniera titolare di una società di capitali USA a cui vengono intestati gli investimenti immobiliari USA di valore consistente, offre varie opportunità ai fini della pianificazione delle imposte sui redditi. La società di capitali straniera viene spesso utilizzata come società holding per costituire diverse società di capitali USA a cui intestare gli immobili. In questo modo ciascuna società di capitali USA può essere liquidata in relazione a ciascun immobile, di cui è titolare, lasciando intatta la società di capitali straniera.
Come si può evincere dalla breve disamina svolta in questo articolo, la tematica dell’imposta di successione è molto importante da tenere presente in un’ottica di un’efficiente pianificazione fiscale di medio – lungo termine, infatti qualora venga gestita professionalmente tale pianificazione può portare ad evidenti risparmi d’imposta.
Le diverse strutture fiscali che possono essere poste in essere per gli investimenti immobiliari negli Stati Uniti, rispondono ad esigenze differenti ed ognuna porta con se in termini assoluti effetti positivi e negativi in termini di efficienza sulla tassazione globale del soggetto che le pone in essere. Di fondamentale importanza sarà, pertanto, analizzare le diverse esigenze del soggetto investitore che pone in essere operazioni cross border, per trovare la struttura che meglio si adatti alla propria situazione e possa rispondere nella maniera più efficace alla minimizzazione del carico fiscale sia che si tratti di imposte sui redditi da locazione, sia che si tratti di imposte sulle plusvalenze, sia che si tratti di imposte di successione ecc…
Nella tabella seguente si evidenziano le strutture fiscali più frequenti per gli investimenti immobiliari negli Stati Uniti da parte di soggetti persone fisiche residenti in Italia:
Questo articolo contiene informazioni di carattere generale; pertanto non deve in alcun modo essere considerato alla stregua di un parere professionale o utilizzato in sua sostituzione. Le informazioni contenute nel presente articolo sono fornite su questioni di interesse generale e non possono essere considerate esaustive o complete sulla materia trattata. L’applicazione e l’impatto delle Leggi può variare ampiamente in base alla fattispecie. Prima di intraprendere qualsiasi azione, si consiglia di ottenere un parere specifico da un professionista. Questo documento è stato redatto nel mese di gennaio 2016, sulla base della normativa al tempo in vigore e delle informazioni al tempo disponibili.
Niccolò Poggio, svolge l’attività di fiscalista in un primario Studio Legale e Tributario, è esperto nell’assistenza di clientela nazionale ed internazionale, sia nella consulenza fiscale di carattere ordinario che nell’esecuzione di operazioni di acquisizione e di riorganizzazione aziendale. Le sue aree di specializzazione includono anche l’assistenza fiscale a fondi d’investimento sia privati che pubblici e la tassazione di gruppi. Si è laureato in Economia e Commercio presso l’Università Bocconi di Milano, ha conseguito un Master in Diritto Fiscale Internazionale, è iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti di Milano.
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Repubblica Dominicana – la disamina di una valida alternativa per investimenti immobiliari. parte I
Avv. Stefano Bianchi
Nell’ambito degli approfondimenti trattati con questa newsletter, a margine di quelli che sono i più noti investimenti immobiliari negli USA, vogliamo con una di serie di articoli introdurre anche una valida alternativa che è costituita dagli investimenti immobiliari nella Repubblica Dominicana, meglio conosciuta come Santo Domingo. A tale proposito, partendo da questa generale overview sulla Repubblica Dominicana approfondiremo, negli articoli a seguire, tutte le tematiche relative all’ipotesi di un investimento immobiliare per il diretto godimento o per ricavarne un reddito.
L’esperienza pluridecennale che lega il nostro studio legale con la Repubblica Dominicana – in ragione di operazioni immobiliari di privati, di società e di importanti gruppi alberghieri e tour operator – ci consente di illustrare le interessanti possibilità di investimento ancora inesplorate, ma in prospettiva di interesse.
Il Paese, occupa i ¾ dell’isola di Hispaniola, come battezzata nelle cronache del celebre navigatore genovese Cristoforo Colombo, di cui la rimanente parte è occupata da Haiti. Il territorio è variegato, ovviamente caratterizzato da splendide e incantevoli spiagge ma anche da catene montuose e interessanti fiumi e laghi. La Repubblica Dominicana è bagnata dal mar caribe a sud e dall’oceano atlantico a nord. Capitale Santo Domingo, città che raggiunge una popolazione di oltre 3.500.000 abitanti dei circa 12.000.000 di cittadini dominicani distribuiti nel paese. E’ una repubblica presidenziale retta attualmente dal presidente Danilo Medina il quale si è dato un obiettivo molto ambizioso: raddoppiare entro cinque anni da 5 a 10 milioni il numero di turisti che decidono di spendere le vacanze su queste spiagge caraibiche.
La strategia prevede massicci investimenti in infrastrutture, nuovi resort e riqualificazione delle aree urbane per fare della Repubblica Dominicana “la porta di ingresso” per l’America Latina. Puntare sul turismo del resto è una mossa tanto lungimirante quanto obbligata per il Paese: il settore è già oggi la seconda componente del Pil nazionale, dietro alle esportazioni, con entrate annue per oltre 4,5 miliardi di dollari, ma è quella con le maggiori possibilità di crescita se, come appare intenzionato a fare, il Governo proseguirà con decisione sulla rotta della valorizzazione delle proprie offerte.
Nell’ottica di chi guarda al locale mercato immobiliare, la logica a favore di un possibile investimento non sta dunque solo nella possibilità di acquistare una casa di mare ai Caraibi, ma di puntare anche su un possibile e graduale apprezzamento dell’immobile man mano che il processo di apertura al turismo internazionale proseguirà. Già oggi la Repubblica Dominicana è meta di un grosso flusso di turisti canadesi e nordamericani, ma ora il Governo mira ad attrarre maggiori flussi anche dall’Europa da una parte e dal resto del Sud America dall’altra, puntando anche sull’attrattiva offerta dal minore costo della vita rispetto a Paesi come il Brasile, dove l’inflazione è ormai da tempo diventata un serio problema.
A livello di prezzi, la Repubblica Dominicana appare ancora vantaggiosa anche per il settore immobiliare. Secondo i dati forniti da diverse agenzie immobiliari, un metro quadrato mediamente nella capitale Santo Domingo costa 1.200 dollari e lo stesso prezzo si trova a Puerto Plata, la seconda città del Paese, dotata di un proprio aeroporto, costruita su una costa con oltre cento chilometri di spiagge.
Nelle zone più turistiche come Cabarete, i prezzi degli immobili salgono a 1.500 dollari al metro quadrato, e la stessa valutazione si trova anche a Punta Cana e La Romana/Bayahibe. Il prezzo più alto, pari a 1.600 dollari al metro quadrato si trova invece a Las Terrenas, altra splendida località adagiata sulle coste nord della penisola di Samanà che per ora ha resistito all’invasione dei maxi-resort ed è riuscita ancora a mantenere in parte un’atmosfera da vecchia città di pescatori.
Quella della Repubblica Dominicana è una delle poche storie positive nei Caraibi, con un’economia che ha dimostrato di essere resistente in condizioni avverse sia interne che esterne.
Il Pil della Repubblica Dominicana è cresciuto del 7,1% nel corso del 2014, registrando il miglior risultato tra i Paesi dell’America Latina grazie a un andamento robusto dei settori del turismo, manifatturiero e delle costruzioni. Significativo, in particolare, l’aumento dei turisti provenienti dagli Stati Uniti, che ha permesso al Paese di beneficiare in maniera indiretta della ripresa economica dei vicini. Nel primo trimestre del anno 2015, l’economia dominicana ha registrato una crescita del 6,5%, trovandosi il paese come leader della regione di America Latina per il suo sviluppo economico come rivelano i dati preliminari offerti dalla Banca Centrale.
Il governatore della Banca Centrale, Héctor Valdez Albizu, in una conferenza di stampa ha detto che il paese ha superato la crescita prevista per Panama (5.1%), il Guatemala (4.4%), l`Honduras (3.4%), il Nicaragua (2.8%), il Cilo (2.4%), il Messico (2.3%), il Costa Rica (2.1%), il Perù (1.7%), il Ecuador (1.0%%), l`Argentina (0.7%), il Salvatore (-0.1%) e il Brasile (-2.5%).
Il governatore ha definito questa crescita come “robusta”, e ha detto che si permette previsioni molto più favorevoli di quello che è stato previsto per quanto riguarda la crescita nel 2015. Lui ha aggiunto che questo permetterà di preservare un clima favorevole al investimento, nuovi posti di lavoro e un maggior benessere dei settori sociali più vulnerabili del paese. E’ notizia degli ultimi giorni la comunicazione del Banco Central sul PIB (prodotto interno lordo) che ha raggiunto nel primo trimestre del 2016 il valore del 6,1 % rispetto al medesimo periodo dell’anno passato (fonte Listin Diario Dominicano). Gli introiti per il turismo, con un’aspettativa media di circa più di 5,5 milioni di turisti, sono previsti nell’ordine di circa US$ 5.800 milioni.
L’investimento straniero diretto ha contribuito con US$ 486 milioni nel primo trimestre, e si spera che nell’anno che scorre sia di più di US$ 2.000 milioni.
Sulla base di questi dati e delle positive risultanze di numerosi investimenti immobiliari già realizzati, con questi articoli andremo ad illustrare in modo dettagliato e approfondito le modalità per intraprendere un investimento immobiliare in Repubblica Dominicana in sicurezza e con le dovute opportune cautele.
Ricordiamo infatti che sono numerose le aziende italiane e gli Italiani che si sono già mossi verso questa nuova destinazione anche perché vi sono incentivi fiscali e zone franche particolarmente interessanti. Il sistema bancario è particolarmente sviluppato e solido e si interfaccia quotidianamente con quello internazionale ai medesimi standard di mercato.
Nei prossimi articoli approfondiremo alcune ipotesi di investimento e le strutture societarie più idonee o le ipotesi di investimento come persone fisiche e gli aspetti fiscali legati a tali investimenti e il sistema giudiziario dominicano.
REPUBBLICA DOMINICANA
Il mercato immobiliare italiano verso la ripresa nel 2017
Avv. Riccardo Perona (Studio legale Giannone, Torino)
Il 2015 si è chiuso, negli Stati Uniti, con una consistente nota positiva per il mercato immobiliare. Il mese di dicembre, infatti, ha visto un incremento delle vendite del 22,5% rispetto a novembre, secondo quanto segnala un sondaggio svolto dall’agenzia Re/Max. Negli USA, un immobile si vende mediamente in poco più di due mesi, con alcune isole felici (come San Francisco) dove la media scende a circa un mese. La situazione mostra dunque consistenti segni di ripresa, che lasciano ben sperare in ordine alla positiva tendenza di nuova crescita del mercato dopo la crisi.
In Italia, invece, pare si debba attendere la conclusione di quest’anno se non addirittura il 2017 per poter registrare note di ottimismo, sebbene anche le previsioni al riguardo si preannuncino ancora lontane da dati positivi assimilabili a quelli d’oltreoceano. Il 2015, infatti, si è chiuso con un ulteriore ribasso dei prezzi degli immobili, i quali nell’anno in corso dovrebbero invece rimanere tutto sommato stabili o calare in misura relativamente limitata. Così, almeno, secondo quanto riporta l’agenzia Moody’s. È piuttosto nel 2017 che si attende una vera ripresa, anche se timida.
Va dunque detto che in Italia domina ancora la tradizionale prudenza. Questa, in tempi passati, non ha lasciato spazio a soluzioni particolarmente ardite, in generale ritenute, dagli italiani, come ispirate a eccessiva leggerezza: ne è derivato un sistema certo piuttosto farraginoso ma, pure, meno immediatamente – e fatalmente – sensibile agli sbalzi del mercato globale. Ciò può dirsi in generale ma, soprattutto, per il mercato immobiliare, se non altro in considerazione della tipica affezione italiana alla casa di proprietà: in questo modo nel nostro Paese – a differenza che altrove, anche in Europa (si veda la Spagna) – la crisi ha potuto mostrare una incisività relativamente minore. Allo stesso tempo, nella misura, pur non trascurabile, in cui si è percepita, la crisi stessa ha determinato un accrescersi di quel tradizionale atteggiamento di prudenza che, ora, determina il rallentamento della ripresa di cui si è detto. Ne consegue che quest’ultima tarderà ancora ad arrivare e a consolidarsi ma probabilmente, e per le stesse ragioni, non sarà poi soggetta a consistenti e inaspettate variazioni di tendenza.
Per ora, quanto si segnala è dunque un rallentamento della decrescita, segnalato dal generale aumento delle compravendite e pure dei mutui. Fra questi ultimi, poi, risultano ancora predominanti quelli di surroga. Pare inoltre che gli italiani abbiano accresciuto la propria consapevolezza in ordine alla qualità delle soluzioni, così da trovarsi a privilegiare il nuovo, magari caratterizzato da efficienza energetica, o l’usato ma comunque di un certo pregio (cfr. Irene Consigliere, in Il Corriere della Sera, 18 gennaio 2016). Ottimi segnali vengono poi soprattutto dal Mezzogiorno: nel corso del Forum del Sud dell’8 aprile, infatti, sono emersi significativi segnali di ripresa, specialmente in Puglia (Regione particolarmente cara agli acquirenti esteri) e tali, in generale, da collocare il Meridione in posizione migliore rispetto al resto del Paese (Leccenews24.it, 9 aprile 2016).
Il presente articolo vuole fornire informazioni di natura generale e non sostituisce in alcun modo l’assistenza di un avvocato. Vi suggeriamo di rivolgervi ad un professionista per ulteriori informazioni e assistenza.
Verso la Voluntary Disclosure Bis – Rientro di capitali esteri
Dott. Bruno Franceschi
PREMESSA
A cinque mesi di distanza dalla chiusura della V.D., si torna a parlare di riapertura dei termini per il rientro dei capitali. Sulla base delle istanze raccolte, la v.d. che si è chiusa lo scorso 29/12 ha portato un gettito previsto intorno ai 4 miliardi e, con la riapertura dei termini, si prevede un ulteriore gettito tra 1 e 2 miliardi di euro. Naturalmente, si tratta ancora di stime; infatti, nessuna decisione è stata ancora presa da parte degli organi preposti. Tuttavia, sempre più insistentemente, si parla di riapertura della Legge 186/2014. Una finestra a tempo destinata alla copertura del solo anno 2017 visto che dal 2018 oltre 90 paesi dovranno adottare lo scambio di informazioni automatico sul modello standard OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che renderà estremamente difficile l’occultamento dei capitali all’estero da parte degli evasori fiscali.
IN COSA CONSISTE IL MONITORAGGIO FISCALE PER I BENI DETENUTI ALL’ESTERO
Il contribuente dovrà compilare il quadro RW per assolvere sia agli obblighi di monitoraggio fiscale che per il calcolo delle dovute IVIE e IVAFE. Il quadro RW deve essere compilato, ai fini del monitoraggio fiscale, dalle persone fisiche residenti in Italia che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione e, in ogni caso, ai fini dell’Imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE) e dell’Imposta sul valore dei prodotti finanziari dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero (IVAFE). Se i prodotti finanziari e/o patrimoniali sono in comunione o cointestate, l’obbligo di compilazione del quadro RW è a carico di ciascun soggetto intestatario con riferimento all’intero valore delle attività e con l’indicazione della percentuale di possesso. Qualora sul bene sussistano più diritti reali, ad esempio, nuda proprietà e usufrutto, sono tenuti all’effettuazione di tale adempimento sia il titolare del diritto di usufrutto sia il titolare della nuda proprietà in quanto in entrambi i casi sussiste la possibilità di generare redditi di fonte estera.
Sono tenuti agli obblighi di monitoraggio non solo i titolari delle attività detenute all’estero, ma anche coloro che ne hanno la disponibilità o la possibilità di movimentazione.
In sintesi, nel Quadro RW bisogna indicare
- a che titolo i beni sono detenuti
- se il contribuente è un soggetto delegato al prelievo oppure se è il titolare effettivo
- il codice di individuazione del bene
- il codice dello Stato estero
- la quota di possesso
- il criterio di determinazione del valore
- il valore all’inizio del periodo d’imposta
- il valore al termine del periodo di imposta
- l’ammontare massimo che il prodotto finanziario ha raggiunto nel corso del periodo d’imposta
- il numero di giorni di detenzione per i beni per i quali è dovuta l’IVAFE
Mentre per l’IVIE è necessario indicare i mesi di possesso nonché il valore dell’immobile che può essere individuato tra valore di acquisto, catastale od indicato in altro atto (successione ecc…). L’obbligo di monitoraggio non sussiste per i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d’imposta non sia superiore a 10.000 euro (art. 2, comma 4-bis, del decreto legge 28 gennaio 2014, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2014, n. 50); resta fermo l’obbligo di compilazione del quadro laddove sia dovuta l’IVAFE
CHE COS’E LA VOLUNTARY DISCLOSURE
GLI INTERESSATI La v.d. è un istituto disciplinato dalla Legge 186/2014 che riguarda la regolarizzazione delle attività (mobili, immobili, capitali, partecipazioni, depositi, polizze assicurative ecc…) detenuti all’estero. Oltre alla regolarizzazione delle attività detenute all’estero, il contribuente può regolarizzare anche le attività non emerse in Italia (c.d. V.D. domestica). I soggetti interessati sono le persone fisiche residenti in Italia, le società semplici e le associazioni artistiche professionali residenti in Italia e gli enti non commerciali compresi i trust residenti in Italia. In caso si tratti di società, è interessata alla v.d. la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, controllano o possiedono la stessa attraverso il possesso od il controllo diretto o indiretto di una percentuale delle partecipazioni al capitale sociale, o dei diritti di voto, pari almeno al 25% + 1 di partecipazione al capitale sociale, od ancora le persone fisiche che esercitano in altro modo il controllo sulla direzione della società. Di fatto, la v.d. è un’autodenuncia fatta all’Agenzia delle Entrate tramite la presentazione di un’istanza e di una relazione di accompagnamento con la quale il contribuente espone e dettaglia al fisco la propria posizione per i beni detenuti all’estero. Tale autodenuncia genera un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate.
L’ISTANZA Il contribuente, attraverso un’istanza seguita da una relazione esplicativa, deve autodenunciarsi e svelare ogni violazione commessa. Il contribuente può sanare case e patrimoni detenuti sia in Italia che all’estero. Tali attività devono essere denunciate anche da ogni cointestatario legato al contribuente. L’istanza viene presentata all’Agenzia delle Entrate tramite un intermediario abilitato.
LA RELAZIONE La relazione di accompagnamento deve fornire le informazioni sulla tipologia, sulla composizione, sull’ubicazione e sulle modalità di custodia delle attività estere, approfondendo le modalità di controllo dell’eventuale presenza di soggetti interposti ed essere corredata dalla documentazione di supporto. In particolare, il contribuente deve allegare il waiver ossia la dichiarazione con cui la banca estera si rende disponibile a fornire le informazioni all’Agenzia delle Entrate riguardo i conti esteri detenuti dal contribuente. La documentazione fornita dal contribuente deve consentire l’individuazione del beneficiario effettivo delle attività finanziarie e patrimoniali laddove le stesse siano formalmente intestate ad un soggetto interposto. Anche in caso di deleghe o procure, il cointestatario deve presentare istanza e relazione per meglio definire la presunzione di possesso delle proprie attività estere.
CAUSE DI INAMMISSIBILITA’ L’accesso alla procedura è precluso qualora l’autore della violazione abbia avuto formale conoscenza di inizio di verifiche, ispezioni o accessi ovvero della propria condizione di indagato e imputato per violazioni tributarie. E’ quindi necessaria la formale conoscenza delle citate situazioni da parte del contribuente che intenda attivare la procedura. Se le attività istruttorie di ispezione sono riconducibili ad una singola annualità accertabile, l’effetto preclusivo è limitato a quella sola annualità, le altre annualità possono essere oggetto di v.d.
DECESSO DEL CONTRIBUENTE O EREDI Nel caso in cui l’autore delle violazioni sia deceduto prima dell’avvio della procedura di v.d., può accedervi l’erede. Nel caso in cui l’erede sia egli stesso autore di violazione, a sua volta può presentare autonoma e distinta richiesta di accesso alla v.d. In ogni caso si ricorda che agli eredi sono applicabili le sanzioni.
CAMPO DI APPLICAZIONE Rientrano nel campo di applicazione della v.d. internazionale, i redditi che sono serviti per effettuare investimenti immobiliari o attività finanziarie oggetto di emersione o derivanti da loro utilizzazione o dismissione. Rientrano invece nella c.d. “v.d. domestica” i maggiori imponibili non connessi agli investimenti e le attività illecitamente detenute e costituite all’estero.
PERIODO DI TEMPO INTERESSATO Per i paesi White List e Black List con accordo ai fini reddituali, Il periodo interessato è quello che va dal 2010 al 2013 in caso di presentazione di dichiarazione dei redditi, nel caso di omessa presentazione della dichiarazione il periodo è 2009/2013. Per i paesi Black List, i termini sono raddoppiati.
COPERTURA PENALE Nei confronti dei contribuenti che aderiscono alla v.d., viene esclusa la punibilità per i delitti tributari di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture false e mediante altri artifizi, (dichiarazione infedele, omessa presentazione, omesso versamento delle ritenute ed IVA). La copertura penale non è esclusa in caso di emissione di fatture false e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. In sostanza, mentre non è punibile chi commette reato di infedele dichiarazione con fatture false, permane la punibilità del terzo che emette tali documenti nei riguardi dei quali l’Agenzia delle Entrate inoltrerà corrispondente denuncia penale.
RESPONSABILITA’ Con l’adesione alla v.d., il contribuente deve dare massima trasparenza e completezza di informazioni e documenti relativi alle attività detenute illecitamente all’estero. In sintesi, con la sottoscrizione dell’istanza, il contribuente attesta veridicità e completezza di informazioni e documenti forniti. La responsabilità non si estende al professionista che fornisce supporto alla predisposizione della richiesta ne all’intermediario abilitato che presenta il modello.
COSTO DELLA VOLUNTARY
In linea teorica, non è possibile determinare a priori a quanto ammonti il costo per l’adesione alla procedura di v.d. in quanto, oltre ai vari elementi che determinano tale costo, è necessario tener presente se i beni e/o capitali sono detenuti in un paese blacklist, blacklist con accordo ovvero whitelist. Tuttavia, si può affermare che il costo della v.d. è più economico e vantaggioso se gli assets detenuti all’estero risalgono ad un periodo di tempo ormai prescritto per cui il costo della v.d. è limitato alla sola violazione relativa al monitoraggio fiscale (sanzioni da Quadro W) nonché alle imposte da calcolare sui redditi prodotti dagli assets detenuti all’estero. Fatta questa premessa, per gli assets detenuti all’estero inferiori ad Euro 2.000.000, la v.d. consente al contribuente l’applicazione delle imposte in maniera analitica o forfetaria. In quest’ultimo caso, si presume un rendimento del 5% degli assets detenuti all’estero e su questa rendita forfetaria presunta si applica un’aliquota del 27% per gli anni oggetto di accertamento (dal 2010 al 2013 in caso di presentazione della dichiarazione dei redditi oppure dal 2009 al 2013 in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi). Unico limite al regime forfetario è che deve trattarsi di attività di natura finanziaria e non patrimoniale. Per gli immobili posseduti nei paesi black list, è necessario l’intervento di una società fiduciaria così come previsto dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate. Per i patrimoni superiori ad Euro 2.000.000 non è consentito l’utilizzo del sistema forfetario quindi il contribuente deve effettuare i conteggi sulla base di una tassazione analitica Per il monitoraggio fiscale le sanzioni si applicano per gli anni dal 2009 al 2013. In caso di adesione all’accertamento proposto dall’Agenzia delle Entrate, le sanzioni applicate sono ridotte al minimo edittale
CHI HA ADERITO ALLA V.D.
Hanno aderito alla v.d. principalmente i contribuenti che avevano somme detenute all’estero da molti anni per operazioni di successioni e/o trasferimenti all’estero effettuati circa 15/20 anni prima.
ALCUNI DATI STATISTICI SULLA VOLUNTARY, DOPO LA CHIUSURA DELLA STESSA
L’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi dati statistici sulla v.d.. In estrema sintesi le istanze prodotte sono state 129.562 di cui circa il 30% relative ai soli procuratori o delegati ad operare sui conti attività estere. Delle domande presentate, circa il 40% sono relative alla platea dei c.d. minimi ossia per patrimoni sotto i 2.000.000 di euro. Dalle prime proiezioni, il gettito minimo della v.d. chiusa al 29/12/2015 sarebbe di Euro 3.830.000.000 di cui Euro 1.400.000.000 solo per sanzioni a violazioni al monitoraggio fiscale (quadro W). Le attività emerse sono circa 60 miliardi e sono relativi all’evasione fiscale sanabile cioè quella nata da reati fiscali coperti dal perdono della v.d.. Sono rimasti fuori i patrimoni costituiti all’estero come profitto diretto di altre attività criminali o mafiose non coperte dalla legge 186. (Fonte “Il Sole 24 Ore” del 11/03/2016).
SCENARIO FUTURO: IL GRANDE FRATELLO FISCALE E VALUTARIO dal FATCA al CRS
L’elaborazione dei dati relativi alla v.d., saranno strumenti a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per aiutare i controlli anti evasioni negli anni futuri. A livello internazionale, già esistono strumenti per la lotta all’evasione. In questo contesto si segnala: il FATCA (Foreing Account Compliance Tax Act) che rappresenta una delle prime iniziative di scambio automatico di dati internazionali finalizzato al contrasto all’evasione fiscale offshore, imponendo alle istituzioni finanziarie estere, compresa quella Italiana, l’obbligo di identificazione dei titolari dei rapporti finanziari e di segnalazione di quelli detenuti da soggetti statunitensi. Si tratta di una segnalazione semplificata, la prima è stata effettuata nel 2015 e comprendeva solo i dati del titolare ed il relativo saldo. Inoltre, a partire dal 2017, entrerà in vigore un sistema di monitoraggio molto più incisivo ovvero il CRS (Commond Reporting Standard) nuovo modello standard globale promosso dal G20 e dall’OCSE per lo scambio di informazioni finalizzato al contrasto all’evasione fiscale internazionale a cui hanno già aderito ben 100 paesi.
A guidare la coalizione per frenare il deflusso illecito di capitali sono gli Stati Uniti. Facendo leva sul FATCA, hanno spinto prima la OCSE e poi la UE ad adottare il CRS, una sorta di grande fratello sociale che a partire dal 2017 metterà in diretta comunicazione le amministrazioni di un centinaio di paesi, un database della finanza globale al quale hanno accettato di partecipare quasi tutti gli ex “santuari” del segreto bancario come Cayman, Svizzera, Singapore e Principato di Monaco. Rimangono fuori da questo “grande fratello” paesi a rischio quali Angola, Tonga e Bahrain ed pochi altri. L’efficacia dei questo nuovo strumento a disposizione delle autorità fiscali, contribuirà alla distruzione del segreto bancario dei principali paradisi fiscali. Il CRS mira a contrastare fortemente i nuovi strumenti di elusione fiscale internazionale nonché l’evasione offshore operata dai contribuenti per il tramite di intermediari finanziari esteri tra cui, a titolo esemplificativo la normativa FATCA, la normativa bilaterale per lo scambio informativo su richiesta (convenzioni contro la doppia imposizione) ed altri progetti.
In sostanza, il CRS prevede a partire dal 2017 lo scambio automatico su base annuale delle informazioni finanziarie relative ai soggetti non residenti sottoscrittori di prodotti finanziari presso gli intermediari locali. Gli intermediari finanziari dovranno pertanto segnalare alla propria autorità fiscale i dati sensibili della propria clientela con residenza fiscale estera.
L’ambito soggettivo della normativa CRS include: istituzioni di custodia come società fiduciarie, banche, enti di investimento come trust, fondi di investimento e compagnie assicurative ramo vita. L’ambito oggettivo comprende invece: conti finanziari oggetto di procedura di identificazione all’autorità: conti correnti, libretti, conti di custodia depositi titoli, quote, azioni, contratti di assicurazione, polizze vita ecc.… Gli intermediari finanziari dovranno pertanto identificare e classificare la clientela per individuare i titolari di conti fiscalmente residenti all’estero per la successiva segnalazione all’Agenzia delle Entrate locale. Il contribuente attesterà il proprio status di residenza fiscale con un’autocertificazione.
Per i conti preesistenti ovvero aperti in precedenza, l’intermediario finanziario dovrà invece porre in essere procedura di adeguata verifica della clientela differenziando le persone fisiche dalle società nonché il saldo valore complessivo del rapporto detenuto. Le istituzioni finanziarie comunicheranno questi dati entro il 30 Aprile di ogni anno. I recenti fatti di cronaca che hanno evidenziato modalità di evasione fiscale con società di comodo in paradisi fiscali come Panama stanno aumentano la pressione politica internazionale sulle piazze finanziare offshore che ancora non hanno deciso di intraprendere la strada della trasparenza fiscale internazionale o come nel caso di Panama, pur avendo dichiarato la volontà di adesione, ad oggi non hanno ancora dimostrato di volersi impegnare con una data certa.
PANAMA PAPERS E VOLUNTARY DISCLOSURE: LE FUGHE DI DATI E NOTIZIE DALLO STUDIO LEGALE MASSACK E FONSECA
E’ recente lo scandalo apparso su tutti i media nazionali ed internazionali in merito all’inchiesta giornalistica denominata “Panama Papers”. L’Agenzia delle Entrate si è prontamente attivata fornendo le seguenti risposte alla interrogazioni indirizzate al governo:
- verranno controllate le domande di v.d. in quanto i benefici collegati all’emersione possono essere riconosciuti solo se l’istanza è stata completa e trasparente
- i dati dell’inchiesta verranno usati per ricostruire la reale capacità contributi dei soggetti citati nell’inchiesta
- in vista della partecipazione dell’Italia dei lavori in seno all’OCSE, sono già state attivate le collaborazioni per lo scambio di informazioni alla luce delle rilevazioni di Panama Papers
- alcune Procure si sono già mosse incaricando la Guardia di Finanza di acquisire dati e informazioni in ordine ai contenuti della lista riconducibile allo studio legale Massack e Fonseca. Il comando generale della Guardia di Finanza ha riferito che tra i nominativi dei soggetti diffusi, compaiono alcune persone fisiche già emerse nell’ambio di diverse indagini ed attività di controllo.
CONCLUSIONI: PERCHE’ CONVIENE APPROFITTARE DELLA RIAPERTURA DEL RIENTRO DEI CAPITALI – VANTAGGI PER IL CONTRIBUENTE
Anche se ad oggi ancora non conosciamo i contenuti della c.d. “Voluntary Disclosure bis”, a conclusione di questo intervento ritengo che i titolari di beni e/o capitali ancora detenuti all’estero, debbano valutare concretamente la possibilità di aderire a tale iniziativa. I nuovi strumenti finanziari che entreranno in vigore nel 2017, limiteranno notevolmente le possibilità di evasione e renderanno estremamente difficile perpetrare l’evasione fiscale offshore. D’altra parte, è pur vero che gli esperti sono già al lavoro con politiche aggressive per individuare nuovi schemi giuridici innovativi per ovviare a questi strumenti anti evasivi ovvero per distrarre beni e/o capitale in quei “paradisi fiscali” come il Delaware negli USA che ancora incoraggiano l’evasione fiscale attraverso un regime opaco privo di trasparenza fiscale.
Bulletin From The Front
Fred Peters and Alain C. De Grelle
The New York spring market! This year, amidst the oil price crisis and the China slowdown and the negative interest rates in Europe, I thought there might not be a spring market. But then, the last week in March, inventory began to appear and buyers were ready for it. The past three weeks have been extremely active.
Throughout the first quarter, only smaller units sold quickly. In recent weeks that popularity and competitiveness have surged into our mid-market as well. Many of our new exclusives in the $3 million to $6 million range are selling during their first or second week, some with multiple bids driving the prices above asking. We are also seeing more activity with higher priced listings in excess of $6 million; that market still moves slowly but the absorption rate has accelerated.
What changed? I think a number of factors coalesced during March. First, the stock market rebounded, moving, albeit jaggedly, into positive territory for the first time this year. Overall U.S. economic indicators remain good. And perhaps most significantly, sellers of New York properties have begun to descend from the pricing stratosphere. More apartments are being cleaned out and staged in neutral colors with comfortable contemporary furniture. When buyers have the opportunity to view properly priced units into which they can visually project their own lives, the sales curve moves up.
While the rise and fall of the $50 million condominium boom may make for entertaining, prurient reading, the substantial majority of homes sold in Manhattan, Brooklyn and Queens are still co-ops or single family homes. And the vast majority of THOSE is bought by local residents. It is in this category, the local purchaser seeking a home, that the market has reawakened. But even here, amidst a real increase in demand, market exuberance is absent.
Multiple global economic pressure points have dampened possible excesses in our markets. Buyers bid, but they bid with caution and after doing their homework. More than anything, mint condition inspires buyers to step up to the plate. Few people want to add renovation to their to-do list in our already high-pressure environment, so unrenovated properties must be inexpensively priced for their markets to receive attention. Even then they are likely to be a slower sell. And without a staging which cleans and updates their look, such properties can linger for a year or more.
So what’s the takeaway? Sellers: price it properly and clean it out. If it is tired, work with a professional stager; the investment will return to you multi-fold in both price achieved and time on the market saved. Buyers: while more has come onto the market, inventory is still tight. If you find what you want, go after it. Make sure you know exactly what you are getting into and have a bid ceiling above which you will not go. That keeps it rational. And rational, for both sides of the transaction today, is the name of the game!